Quando pensiamo ad una condizione di benessere e salute, pensiamo ad un corpo sano, forte, agile e scattante, magro. Ci immaginiamo senza dolori, senza fastidiosi inceppamenti delle articolazioni, liberi di mangiare qualsiasi cibo e, magari, in qualsiasi quantità, senza aver paura di soffrire di cattiva digestione o di altre noie. Non è scontato, infatti, collegare il benessere fisico a quello mentale. Eppure, sappiamo che anche l’OMS ha messo in campo questo importante fattore definendo la salute “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente l’assenza di malattie o infermità. Questa è una vera e propria chiave terapeutica. Ma c’è ancora di più: il pensiero è modellante per cui è la base del nostro essere. Tanto per cominciare, ci fa assumere comportamenti quotidiani, ci fa apprendere abitudini e atteggiamenti che influiscono direttamente sul nostro benessere globale. Per esempio, l’appassionato di sport ed alimentazione sana otterrà un risultato, l’appassionato di cheeseburger e patatine fritte consumate davanti alla tv o durante il gioco al computer, ne otterrà un altro. E’ importante anche il complesso dei nostri pensieri. Se siamo spesso concentrati su preoccupazioni, ansia, tristezza, il nostro organismo obbedirà a questi pensieri in modo estremamente preciso: attiverà l’asse dello stress con importanti e immediate ripercussioni sul nostro organismo e a lungo termine. In primis l’aumento della produzione dell’ormone connesso con queste sensazioni, il cortisolo, che determina a sua volta aumento della pressione sanguigna, difficoltà digestive (come si dice? Ho lo stomaco sottosopra, ho un mattone sullo stomaco), malfunzionamenti del sistema immunitario, disturbi cardiaci, aumento della glicemia.

Insomma, sembra di capire che avere il controllo dei nostri pensieri sia davvero un passo importante per la nostra salute ed il nostro benessere. Ma noi abbiamo il controllo sui nostri pensieri?

Questa domanda è particolarmente importante nel periodo che stiamo vivendo perché quando la situazione si fa pesante e preoccupante emerge la nostra vulnerabilità al mondo esterno e la nostra dipendenza dall’opinione pubblica. Cominciamo ad affrontare l’argomento partendo dalle basi e mettiamo un paio di punti fermi. Per farlo, cominciamo a volgere lo sguardo verso la situazione presente, verso quello che succede intorno a noi. Per esempio, alla massiccia esposizione ai mass media che subiamo quotidianamente attraverso la televisione, la radio, internet (e tutto il suo mondo) che ci presentano per esempio, ripetutamente, la pubblicità, che è un ottimo esempio di come NON siamo in possesso della nostra mente.

Sapete come è nata la pubblicità moderna? Ai vecchi tempi, le pubblicità erano piuttosto essenziali: una semplice descrizione dei beni e servizi. Ma nel 1920 tutto cambiò: un tizio fino ad allora sconosciuto ai più, tal Edward Bernays, si convinse che le abitudini pratiche delle persone fossero manipolabili poiché da poco suo zio, al tempo anch’egli sconosciuto, aveva capito che non tutto ciò che appartiene alla psiche è cosciente.

Lo zio di Edward, Sigmund, aveva ipotizzato cioè l’esistenza del subconscio. Lo avrete già capito: Sigmund era il dott. Freud e, il nipote utilizzando i suoi studi, ideò nientepopodimeno che… la pubblicità! Lui la chiamò “ingegneria del consenso”, una sorta di ipnosi di massa che aveva lo scopo di modificare le abitudini di acquisto e consumo andando proprio ad influenzare il subconscio. La prima campagna pubblicitaria di Bernays avvenne nel 1929, quando i proprietari della marca di sigarette Lucky Strike lo contattarono perché inventasse qualcosa che potesse conquistare il mercato femminile. Infatti, all’epoca fumare era considerato un tabù per una donna rispettabile. Che fece Bernays? Legò il gesto del fumare in pubblico ad un messaggio emotivo che investiva il subconscio, trasformandolo in una nuova specie di comando irresistibile se l’individuo che lo riceve non sa come resistergli. Ingaggiò delle giovani e belle donne e diede loro delle sigarette da accendere platealmente durante la famosissima (allora) sfilata di Pasqua di New York del 1929. Nel frattempo, informò in anticipo la stampa, presentando l’evento come una coraggiosa dimostrazione di emancipazione femminile, riferendosi alle sigarette come «Torce della libertà». L’indomani la notizia venne pubblicata a livello nazionale e, ovviamente, la pubblicità raggiunse l’effetto voluto. Quella che sembra oggi una semplice trovata pubblicitaria al tempo provocò un profondo cambiamento culturale. Non a caso la rivista Life ha inserito Bernays nella lista dei 100 uomini americani più influenti del XX secolo. Certo, il nipote di Freud fu il fondatore di una nuova scienza, che è andata davvero sempre evolvendosi fino ai giorni nostri. Pensate per esempio che il meccanismo che sta alla base del grande successo dei social addirittura è legato allo stimolo della produzione di alcuni neurotrasmettitori come fanne le droghe, la dopamina.

Che si tratti di pubblicità, di social o simili, tutte queste tecniche hanno alla base un denominatore comune: attraggono la nostra attenzione.

Ecco il punto fondamentale, la nostra attenzione.  Queste tecniche funzionano perché semplicemente noi non ne siamo in possesso in modo cosciente. Eppure, l’attenzione è davvero una facoltà a fondamento della psiche. Tutti vorremo avere più memoria, essere più intelligenti. Questo è possibile se capiamo che tutte le altre facoltà mentali dipendono dall’attenzione. Nel prossimo articolo ne parleremo ancora più approfonditamente per capire come sia possibile entrare in possesso della nostra psiche ed ampliare la nostra coscienza.

 

Stefania

Ricordiamo che questo blog nasce con l’intento di affrontare argomenti che riguardano l’erboristeria, la respirazione, l’alimentazione e gli altri esposti nella presentazione. Sottolineiamo quindi che le informazioni ivi contenute sono presentate solo a scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la auto-prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente, la visita specialistica e la consulenza di un esperto, dalle quali non si può mai prescindere.

 

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